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Studio Catizone

LA FORMAZIONE DEL DATORE DI LAVORO

Dopo aver letto l’Accordo Stato-Regioni sulla formazione del 17 aprile 20251una domanda sorge spontanea: l’Accordo agevola o svantaggia il datore di lavoro? È indubbio che, tra le novità apportate dalla Legge n. 215/2021, ha destato particolare interesse quella modifica dell’art. 37, comma 7, D.lgs. n. 81/2008 in forza della quale, oltre ai dirigenti e ai preposti, anche il datore di lavoro deve ricevere “un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. Non stupisce allora che tra i datori di lavoro potesse diffondersi l’interesse a conoscere gli obiettivi e i moduli della loro formazione. Solo che in base a quel modificato art. 37, comma 7, formazione e aggiornamento debbono attenersi a “quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”, e il nuovo comma 2, secondo periodo, contempla l’adozione entro il 30 giugno 2022 di un Accordo Stato-Regioni destinato “all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire”, in particolare, “l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro”. Solo che al 30 giugno 2022 quell’Accordo non era ancora apparso. Ci sono voluti quasi altri tre anni per arrivare all’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 “finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei per corsi formativi in materia di salute e sicurezza di cui al Decreto legislativo n. 81 del 2008”. E allora leggiamo la Parte II, punto 3, dell’Accordo, recante il titolo “Corso per datore di lavoro”. Eloquente è già l’esordio: “il corso di formazione ha l’obiettivo di fornire ai discenti competenze organizzative, gestionali e giuridiche per gestire il processo della salute e sicurezza sul posto di lavoro nell’ottica del superamento di una visione formale della materia a favore di una visione sostanziale orientata alla prevenzione e alla protezione della salute dei lavoratori, anche alla luce della continua evoluzione del mondo del lavoro”.

Quali gli “obiettivi del corso”? Risposta: “Il corso di formazione ha l’obiettivo di fornire ai discenti competenze organizzative, gestionali e giuridiche per gestire il processo della salute e sicurezza sul posto di lavoro nell’ottica del superamento di una visione formale della materia a favore di una visione sostanziale orientata alla prevenzione e alla protezione della salute dei lavoratori, anche alla luce della continua evoluzione del mondo del lavoro”. E ancora: “Il corso di formazione per datore di lavoro -di durata minima di sedici oreha i seguenti obiettivi:

  1. far acquisire le conoscenze e le competenze per esercitare il ruolo di datore di lavoro;
  2. far conoscere gli obblighi e le responsabilità penali, civili ed amministrative posti in capo al datore di lavoro e alle altre figure della prevenzione aziendale; 
  3. illustrare il sistema istituzionale della prevenzione e il ruolo degli organi di vigilanza;
  4. far acquisire competenze utili per l’organizzazione e la gestione del sistema di prevenzione e protezione aziendale;
  5. illustrare gli strumenti di comunicazione più idonei al proprio contesto per un’efficace interazione e relazione”.

Due i moduli del corso di durata minima di 16 ore: uno “giuridico-normativo”, l’altro attinente alla “organizzazione e gestione della SSL”, entrambi coerenti con gli obiettivi. E coerente, altresì, il modulo aggiuntivo “Cantieri”, di durata minima di sei ore, recante i seguenti contenuti: “I soggetti definiti dal Titolo IV capo I, e relativi obblighi e responsabilità. La redazione dei piani di sicurezza: finalità, tempi e contenuti. Le misure generali di tutela secondo quanto previsto dall’art. 95 del D.lgs. n. 81/2008. Gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti di cui all’art. 96 del D.lgs. n. 81/2008. Il cronoprogramma dei lavori. Esempi e analisi di un PSC. Esempi e analisi di un POS”.

Agevole desumerne che si tratta di corsi di formazione che mirano a fornire al datore di lavoro competenze organizzative, gestionali e giuridiche, ma non competenze tecniche. A differenza di quanto si prevede nello stesso Accordo al punto 4 della Parte II per il “datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi ai sensi dell’art. 34 del D.lgs. n. 81/2008”. Dove con particolare attenzione si attribuisce al corso l’obiettivo di “fornire ai datori di lavoro le competenze tecniche, organizzative e procedurali proprie del responsabile del servizio di prevenzione e protezione”. E dove “il percorso formativo si articola, con un modulo comune e ulteriori moduli tecnici-integrativi per particolari settori di riferimento” (agricoltura, silvicoltura e zootecnia, pesca, costruzioni, chimico-petrolchimico).

Condivisibile, o no, l’orientamento adottato dall’Accordo? A suo favore si potrebbe osservare che, per assolvere ai propri compiti, il datore di lavoro non ha necessità di acquisire competenze tecniche, tanto più che già altri soggetti aziendali debbono possedere tali competenze, a partire dall’RSPP e dal medico competente. A ben vedere, però, non sembra che gli autori dell’Accordo abbiano tenuto conto dei consolidati insegnamenti della Corte di Cassazione, da sempre rigorosamente ferma nel condannare quei datori di lavoro che abbiano omesso di analizzare, secondo la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, di redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28, D.lgs. n. 81/2008, all’interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori”. A mero titolo di esempio, Cass. pen., 7 aprile 2025, n. 13347 insegna che “il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per far sì che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare in assoluta sicurezza”, e che, pertanto, “non è sufficiente che un macchinario sia munito degli accorgimenti previsti dalla legge in un determinato momento storico quando il processo tecnologico evolve in modo da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per renderlo sempre più sicuro”. E spiega che “l’art. 2087 c.c., nell’affermare che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche”, e che “è obbligo del datore di lavoro mettere a disposizione dei dipendenti macchinari che siano privi di rischio per l’incolumità dei lavoratori, adottando nell’impresa i più moderni strumenti che offre la tecnologia per garantire la sicurezza dei dipendenti”.

Certo, l’art. 29, comma 1, D.lgs. n. 81/2008 tenta di agevolare il datore di lavoro, e prevede che egli effettui la valutazione dei rischi ed elabori il relativo documento in collaborazione con l’RSPP e con il medico competente.

Ma Cass. pen., 13 dicembre 2024, n. 49495 ci ricorda che “la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito della struttura aziendale, finalizzata alla individuazione degli strumenti cautelari atti a governarli e la redazione del relativo documento, è compito di esclusiva pertinenza del datore di lavoro, non delegabile ai sensi dell’art. 17, comma 2, D.lgs. n. 81/2008”, che “la mera designazione dell’RSPP non costituisce una delega di funzioni, e non è, dunque, sufficiente a sollevare il datore di lavoro dalle responsabilità”, e che “con riferimento agli infortuni da ricollegare alla mancata valutazione del rischio ovvero alla mancata adozione delle misure previste nel documento, la responsabilità deve essere configurata in capo al datore di lavoro”. Tanto è vero -ammonisce Cass. pen., 23 aprile 2025, n. 15778– che il conferimento a terzi della redazione del DVR “non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata”. Oggi come oggi, quel datore di lavoro che di diritto o di fatto si colloca al vertice dell’impresa, deve valutare i rischi alla luce della migliore evoluzione della scienza tecnica, quel datore di lavoro non può permettersi di sbagliare. E non si trascuri che, in forza dell’art. 37, comma 7, D.lgs. n. 81/2008 il datore di lavoro deve ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. 

 

Pubblicazione sulla rivista SINTESI – Maggio 2025

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